di Mauro Alboresi, Segretario Nazionale PCI
L’epidemia da Coronavirus, che dalla Cina si è propagata in altri paesi, ivi compreso il nostro, e che realisticamente ne investirà altri, determina, inevitabilmente, un crescente senso di inquietudine e di preoccupazione tra la popolazione.
Troppe, infatti, sono le incognite che gravano sui suoi possibili sviluppi, sulla sua possibile risoluzione, e che chiamano in causa la comunità scientifica impegnata a darvi risposta.
Nel nostro paese, gli interventi che i diversi livelli istituzionali preposti hanno messo in atto nelle realtà regionali ad oggi coinvolte (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna) sono innanzitutto tesi a circoscrivere il più possibile la diffusione dell’epidemia e ad offrire la necessaria
assistenza a coloro che ne sono fatti oggetto.
Al netto dell’approccio irrazionale di alcuni, dell’atteggiamento da untore di altri, si riscontra un generale crescente affidamento alla comunità scientifica, alle sue indicazioni; un aspetto importante questo, da sottolineare, dopo anni nei quali una vergognosa speculazione politica ha teso a metterne in discussione l’autorità promuovendo, cavalcando l’ondata populista, come ben evidenziato dal movimento no vax.
Ciò che emerge con forza in questa vicenda è l’imprescindibilità del servizio pubblico, l’unico in grado di offrire una risposta all’altezza del bisogno per l’insieme dei cittadini, con buona pace dei tanti che in questi anni, all’insegna del liberismo, si sono adoperati per metterla in discussione, per
affermare un sistema sempre più privato, nel quale anche la salute è piegata alla logica del profitto.
I presidi ospedalieri di eccellenza, ai quali sono affidate le speranze di tutti a fronte dell’epidemia in essere, sono pubblici, così come lo sono le realtà oggi impegnate nella ricerca della soluzione alla stessa, così come lo è il personale medico ed infermieristico impegnato in prima linea e che continua a dare ottima prova di sé.
I fatti dimostrano la necessità di investire sempre più e meglio nel Servizio Sanitario Nazionale, di far si che lo stesso garantisca per davvero, sull’intero territorio nazionale, la medesima qualificata risposta, superando le differenze che si registrano da tempo tra le diverse realtà del paese, una
situazione che ha portato più d’uno ad evidenziare che nella sostanza si misurano tanti sistemi sanitari quante sono le regioni, con il rischio di mettere in discussione la sussistenza di un Servizio Sanitario Nazionale coerente con i principi che ne hanno sancito l’affermazione nel lontano 1978.
Una conseguenza, questa, dei processi di crescente autonomia regionale affermatisi al riguardo nel tempo, e che in tanti, attraverso il processo di autonomia differenziata, vorrebbero spingere ancora più avanti, contemplando sempre più materie e funzioni, finendo con il mettere in discussione la stessa unicità statuale.
L’epidemia che abbiamo di fronte sottolinea drammaticamente la necessità di difendere e qualificare sempre più un sistema sanitario pubblico, gratuito, di qualità, ancorato ai principi di universalità, equità, solidarietà, per l’intero paese, per l’insieme dei suoi cittadini.
La centralità, l’imprescindibilità del servizio pubblico è ancora una volta sottolineata dal bisogno. In tale direzione noi, il Partito Comunista Italiano, siamo impegnati.