di Giorgio Langella, Responsabile Dipartimento Lavoro PCI
e Dennis Vincent Klapwijk, Responsabile Dipartimento Lavoro FGCI
Quello di Draghi non è il governo dei migliori e non è neppure solo il governo dei padroni.
È, soprattutto, il governo dei ricchi. Per una volta che il segretario del PD Enrico Letta accenna a qualcosa di sensato e logico (anche se in maniera, a mio avviso, improvvisata, con il “legittimo dubbio” che sia intervenuto per mettersi a posto la coscienza e, poi, vada come vada …) dicendo che si dovrebbe finanziare “una dote per i diciottenni (…) chiedendo all’1% più ricco del paese di pagarla con la tassa di successione”, Draghi liquida la proposta con un secco: “Non ne abbiamo mai parlato, non l’abbiamo mai guardata ma non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”.
Sarebbe da ricordare al presidente Draghi che i soldi ai cittadini li stanno già prendendo e che lo fanno i ricchi nei riguardi dei poveri, di chi lavora per vivere. E che non è un caso (e neppure qualcosa di giusto) se, nel 2020, i salari e gli stipendi di chi vive del proprio lavoro sono calati di 40 miliardi mentre i 51 italiani più ricchi hanno visto crescere la loro ricchezza del doppio (che, secondo Forbes, arriva complessivamente a oltre 200 miliardi di dollari).
Oltre a questo si legge, oggi, che la strategia di Draghi sul fisco è che “Ogni intervento deve essere incardinato nel piano di ripresa consegnato a Bruxelles” e che “non saranno i partiti a ridisegnare il fisco” (fonte delle citazioni virgolettate repubblica.it).
Ma, visto che sono i partiti a sedere in parlamento e a formare il governo, ne consegue che anche il potere legislativo e quello esecutivo, secondo Draghi, non potranno, di fatto, avere voce in capitolo nella riforma fiscale.
Al massimo daranno un contributo. Ma chi è, allora, che comanda in Italia? Chi la governa realmente? E non è, forse, che si stia “ridisegnando” la Costituzione senza dirlo, senza dibattito, arrivando al fatto compiuto?
Così come “suggeriva” J.P.Morgan che la considerava “troppo socialista”?
Mario Draghi doveva salvare il nostro paese, tutti l’hanno incensato e ammirato. Adesso, un po’ alla volta, vengono alla luce le reali intenzioni di chi l’ha messo a capo del governo. Sono sempre le stesse: sudditanza al potere finanziario, nessun rispetto per la Costituzione, leggi a favore dei più ricchi che vengono fatte ad hoc e quelle necessarie per garantire i diritti di chi vive del proprio lavoro che non vengono mai fatte … un debito che cresce e che verrà pagato dai più deboli e poveri … ricchezze che cresceranno.
Ci diranno che è così che va il mondo, che Draghi è un bravo tecnico e che abbiamo bisogno di lui e di chi lo “ispira”. Che non ci si può fare niente e che è meglio ritirarsi di fronte alla potenza di un capitalismo spaventoso e iniquo.
Poi verranno fuori con la solita idea del “meno peggio”, del “voto utile”, del “dover accettare questo stato di cose” perché, così e forse, si garantirà qualcosa alle generazioni che verranno. Intanto le multinazionali e i più ricchi, oggi e non domani, continuano ad accumulare miliardi senza pagare le tasse che sarebbe giusto versare alla collettività. Le lavoratrici e i lavoratori, oggi e non domani, diventano sempre più poveri, perdono il lavoro, sono costretti a condizioni di lavoro indecenti. I giovani, oggi e non domani, non trovano lavoro se non precario e mal pagato. Gli anziani, oggi e non domani, non riescono ad andare in pensione. Le persone più deboli e in difficoltà, oggi e non domani, non vengono curati …
Ma è giusto subire? È normale adeguarsi? O non sarebbe l’ora di cambiare un modello di sviluppo che favorisce solo la minoranza più ricca della popolazione?
per quale motivo queste tre domande retoriche e fuori luogo che fanno da fondo a un ottimo articolo?
non sarebbe i caso di chiamare le masse popolari alla lotta su obiettivi o una piattaforma politica del partito?
Saluti Luigi Barozzi.