di Dipartimento Lavoro PCI
A distanza di 41 anni dalla strage della stazione del 2 agosto 1980 e di 47 anni dalla strage dell’Italicus del 4 agosto 1974, Bologna e l’Italia vengono colpite nel primo diritto costituzionale: il lavoro.
Dopo le chiusure di vari stabilimenti e il licenziamento di centinaia di lavoratrici e lavoratori, sabato scorso, con un messaggio WhatsApp, sono stati licenziati circa 90 lavoratori della Logista di Bologna.
E’ un ulteriore prova dell’effetto della “presa d’atto” firmata da governo e parti sociali che ha, di fatto, sbloccato i licenziamenti.
Si abbia coscienza che, nella quasi totalità dei casi, i licenziamenti sono voluti da “lorpadroni” (spesso multinazionali o fondi di investimento) per guadagnare di più, ottenere grande profitto, poter speculare in maniera sempre maggiore.
Questa è una situazione insostenibile per chi vive del proprio lavoro.
Stiamo assistendo a un attacco al mondo del lavoro a cui si dovrebbe rispondere in maniera adeguata e decisa, così come fa il collettivo lavoratori della GKN (oltre 420 licenziati) che chiama alla solidarietà e all’unità delle lotte.
Non dobbiamo né possiamo assistere timorosi e pigri alla devastazione che “lorpadroni” stanno portando avanti nel nostro paese complice il loro “governo dei migliori”.
Non possiamo neppure distinguere sul metodo ignobile adottato o sulle frasi incredibili utilizzate per licenziare persone e mettere sul lastrico centinaia di famiglie (per i lavoratori di Logista il messaggio è stato “Da lunedì 2 agosto lei sarà dispensato dall’attività lavorativa. Cordiali Saluti”). E’ il merito che è da combattere. E ci vuole la lotta, unitaria e organizzata. Una lotta che metta insieme tutte le vertenze, tutte le lavoratrici e i lavoratori, tutte le organizzazioni sindacali e tutta la politica che è alternativa a questo sistema.
Il PCI lo dice da tempo, non possiamo restare indifferenti ma neppure rimanere divisi. Questo è quello che vogliono i padroni, Confindustria e il loro governo.
Si vada unitariamente senza distinzione di sigle sindacali alla proclamazione di uno sciopero nazionale generale. Si riconosca che l’accordo/presa d’atto firmato a fine giugno è solo carta straccia o, meglio, 7 righe che, in pratica, giustificano quello che sta succedendo.
Si dichiari che lo Stato deve essere protagonista, che è necessario e giusto nazionalizzare ed espropriare le attività di interesse generale così da garantire che le attività economiche private non possano svolgersi in contrasto all’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, così come ordina la Costituzione.
Non si può proseguire sulla strada di concertare un “patto sociale” né su quella di contenere il danno.
Si agisca uniti per esigere che il lavoro sia un diritto garantito per tutti.
Più Stato e meno mercato! Lavorare tutti, Lavorare meno, meglio e in sicurezza!