I perni della questione aumento bollette di gas e luce sono almeno due: da un lato i “costi scaricati sugli utenti” e dall’altro le politiche industriali ed energetiche che “scaricano tutti i costi su tutti i cittadini”. Costi sugli utenti, che sono poi i lavoratori e i pensionati che a milioni accedono al servizio basilare di lue a gas.
Con un provvedimento di annunci che giocano al rialzo in prima battuta, per consentire successivamente al Governo Draghi buono di “tagliare”, meno di un quarto, di quanto prospettato ad aumento, si pensa di aver rabbonito la tasca dell’utente che comunque subirà il salasso sulle bollette di luce e gas che aumenteranno, rispettivamente, del 29,8% e del 14,4%. Attenzione: si tratta del terzo aumento consecutivo delle tariffe in soli sei mesi, mentre i salari sono rimasti sostanzialmente al palo. Comunque l’intervento governativo che affievolisce l’aumento non è definitivo, ma una toppa che vale fino al 31 dicembre. E poi? Pagare. Tutto ciò dopo i già avvenuti aumenti della primavera. (quasi 4% sia per gas che per luce).
Tutto ad incidere pesantemente sul potere di acquisto di pensioni e salari. Dice l’Istat che c’è da gioire! Infatti addirittura certifica che c’è nella contrattazione in atto coi padroni un aumento di salari e retribuzioni allo 0,2 ovvero allo 0,6, con un tendenziale 1,2 annuo: pare il socialismo realizzato! Senza contare che ora si apre la rincorsa agli aumenti a venire dei carburanti e, perciò stesso, al tendenziale aumento della merci che sono – all’80% – trasportate con mezzi che utilizzano i carburanti.
Che soluzione trovare da parte di operai e pensionati? Solo una stagione di mobilitazioni e lotte contro il carovita e in difesa della tasca e della dignità della parte più debole della società: proprio i pensionati e lavoratori. Magari partendo da uno sciopero generale. Lo scarico dei costi su tutti. “Molti, in questi giorni, hanno fatto notare che la manovra taglia-bollette del Governo rientra a pieno titolo tra quelli che sono stati definiti “sussidi alle fonti fossili”. Impressione confermata dalla versione definitiva del testo del provvedimento, da cui anzi emerge che di “doppio sussidio” si tratta: si toglie alle rinnovabili per dare al gas naturale.”.
Queste riflessioni, non appartengono a nessun critico rivoluzionario. Sono l’apertura di commento di uno dei quotidiani padronali. Cosa sta a significare? Semplicemente che chiamano le cose con nome e cognome. Infatti, ragionano sulla “causa” dell’aumento. Genericamente ci fanno sentire sui media che è la materia prima che è aumentata. Una panzana. Si, c’è una minor produzione russa che incide sulla domanda, ma la questione non è lì. La questione è sulle politiche industriali e ambientali (connesse) mondiali, ovvero della parte occidentale del mondo.
Spieghiamo. E’ in uso la scelta filosofica e di teoria politico/ambientale (pure accettata da tanto ambientalismo e dai verdi italiani ad esempio), “chi inquina paga”. Non è così all’atto pratico: chi inquina paga in prima battuta e poi paghiamo tutti: a cominciare da milioni di pensionati e lavoratori, questo è il vero. Infatti, secondo tale teoria, tradotta in interventi legislativi ed accordi internazionali, si è creata una “Borsa dell’inquinamento”. Chi inquina, paga e può acquistare certificati per continuare a inquinare. In tal modo subiamo l’aumento di un mercato che non ci appartiene; e ne paghiamo le conseguenze – che nessun certificato cancella se non si è rimossa la ragione produttiva/organizzativa dell’inquinamento – del risanamento eventuale etc.
Quindi, il secondo perno, che poi è il punto di partenza vero è il sistema di produzione, è l’assetto delle scelte strategiche con più Stato e meno Mercato, è la programmazione della società – cosa produrre, quanto, per chi – in chiave di ecosistema. E’ così che abbatti l’inquinamento ed elimini il “mercato dei certificati”. E’ così che non attivi i “nuovi costi” delle materie prime che non esistono. Se il mercato globale, e, segnatamente quello occidentale, non sceglie di intervenire alla base delle scelte inquinanti, quello dei certificati sarà una crisi ciclica al pari delle bolle finanziarie strutturali che abbiamo e stiamo subendo nell’occidente capitalista.
Conosciamo l’unica conseguenza: a pagare questa ennesima crisi del sistema capitalista sono i lavoratori e i pensionati! Contrattazione fasulla, costi scaricati nell’immediato sui lavoratori e sui ceti popolari, costi a lungo termine per non scegliere il cambio del modello di sviluppo: i comunisti, il Partito Comunista Italiano sa con chi stare e con chi lottare. No al carovita! Si ad un modello di sviluppo alternativo all’attuale!
E’vero