AL LAVORO E ALLA LOTTA!

a cura di Norberto Natali – Direzione Nazionale PCI

Il disastro climatico ed ambientale, i pericoli crescenti di guerra mondiale, l’aumento dei prezzi sempre più grave ed inarrestabile sono il risultato doloso delle scelte dei governi che sono al servizio degli interessi dei grandi monopoli finanziari multinazionali (ossia dell’imperialismo).

Tra essi primeggia il governo Draghi, logico risultato di un regime quasi trentennale di falsa alternanza tra coalizioni al servizio di quegli interessi finanziari che hanno abbattuto i salari, aumentato la disoccupazione e la precarietà, impedito qualsiasi riduzione dell’orario di lavoro ed espulso la Costituzione dalle aziende e dal mercato del lavoro, facendo spazio a metodi e situazioni di tipo mafioso.

Sono gli stessi governi ed interessi responsabili dell’alto tasso di lavoratrici e lavoratori morti e feriti nonché  di malattie professionali; sono quelli che hanno voluto asservire il nostro paese alla politica guerrafondaia della NATO che è suicida per i nostri interessi nazionali e valida solo per quelli della finanza angloamericana, come dimostrano, per esempio, gli altissimi profitti -in  questi ultimi mesi- di alcuni monopoli USA (in particolare di armamenti, alimentari ed energia) nonché il crollo del valore dell’euro al suo minimo storico, a meno di un dollaro (così dovremo pagare ancor di più il gas che siamo costretti ad importare dagli USA per obbedire alla guerra e alle sanzioni antirusse imposte da Washington).

È in questo quadro che sono iniziate le convulsioni del governo “dei migliori” il quale, dopo aver aumentato ingiustizie e disuguaglianze con la pandemia e sprecato gli enormi “aiuti” dell’Europa senza che servissero in alcun modo a fronteggiare la povertà dei lavoratori e difendere l’occupazione e le pensioni, ora ci porterà a nuove elezioni il prossimo inverno ma senza escludere che siano anticipate anche in autunno.

Dopo questa bancarotta politica e programmatica di Draghi (direi anche della Seconda Repubblica e del regime liberale) forse ci aspettano mesi tumultuosi e torbidi, in un clima di incertezza crescente anche su quale sarà l’ennesima legge elettorale (se saranno in grado di farla).

Finisce così il governo con la più ampia maggioranza parlamentare e -nel contempo- la più eclatante contraddizione con la volontà di pace del nostro popolo che non vuole essere trascinato in una nuova guerra che -come al solito- viene già pagata duramente solo dai lavoratori, dai pensionati, dai giovani, dalle donne, dal sud.

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Di fronte alle prove che ci aspettano, il Partito vuole essere già pronto, come dimostra la risoluzione diffusa dalla Direzione la scorsa settimana.

Abbiamo scelto una posizione chiara e precisa: combattere questo governo e ciò che rappresenta (e che minacciosamente prefigura) cercando la più ampia e matura unità con tutte le forze disponibili a farlo e che vogliono coerentemente costruire un’alternativa al centrodestra e al centrosinistra.

Al tempo stesso non accetteremo alcuna proposta che voglia farci rinunciare alla nostra identità comunista, ai nostri simboli. La nostra stessa storia, per quanto riguarda l’ispirazione unitaria, non teme confronti e la fermezza nel mantenere nomi e simboli non può farci sospettare di opportunismo elettoralistico. Sarebbe semplice per noi, con scelte diverse da quella che abbiamo fatto, trovare un posticino (anche in posizione “vantaggiosa”) per qualche nostro dirigente in liste genericamente di sinistra o alternative: con la stessa velleità, altri compagni si stanno esibendo in capriole ed acrobazie tanto strampalate quanto inedite!

I nostri avversari, insomma, potrebbero attaccarci solo dicendo che badiamo “al nostro orticello” oppure che -di fronte ai gravi problemi del paese e delle masse popolari- ci limitiamo a pensare “ai simboli”, ecc. ecc. Non è così.

L’Italia e il suo movimento operaio sono attualmente ridotti così perchè l’avversario è riuscito, sia pure parzialmente e momentaneamente, a cancellare la centralità delle masse lavoratrici, la loro capacità di essere la classe dirigente del paese e difenderne le sorti molto meglio di quanto sa fare la borghesia imperialista.

C’è, anche a sinistra, chi vuole ridurre la considerazione del proletariato a quella di una “minoranza” la quale -al pari di altre presunte minoranze indistintamente intese- meriterebbe qualche “tutela”, in definitiva alcune limitate misure amministrative che tendano a lenire le ingiustizie più gravi ed assurde.

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Cercare di cancellare (come avviene da circa un quindicennio) l’identità comunista -quindi anche i simboli- significa negare che la questione operaia o proletaria implica un programma organicamente alternativo a quello seguito fin qui dai vari governi e che si vorrebbe continuare ed aggravare.

In primo luogo, su tutta la politica economica e sociale: salario e pensioni, orario, scala mobile, sicurezza e salute, disoccupazione, precarietà, condizione femminile, questione meridionale, valorizzazione della gioventù.

In secondo luogo, significa -in coerenza con un secolo di storia dei comunisti- una difesa intransigente e credibile della pace e la solidarietà internazionalista con tutti i popoli che non vogliono piegarsi alla dittatura dei monopoli finanziari.

Infine, ma non in ordine di importanza, l’identità comunista (ed anche il suo simbolo) significa l’impegno a lottare per il superamento del capitalismo, nella convinzione, scientificamente fondata,  che i drammi che incombono su di noi non sono frutto di errori tecnici o amministrativi oppure della cattiva volontà di certi individui bensì derivano dal sistema capitalista e dalle sue contraddizioni: dunque, solo una società che superi lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che conferisca democraticamente ai lavoratori il potere di decidere come e cosa produrre, solo una società di tipo socialista può assicurare vita, libertà  e prosperità a tutti gli esseri umani.

Per questo, nonché per combattere l’attuale governo, la NATO, l’Unione Europea, se non sarà possibile al momento una vasta alleanza ci presenteremo da soli alla prova elettorale, pur di non rinunciare agli ideali e all’identità comunista, per riprendere la strada che già fu del PCI.

Non è certo una posizione “conveniente” ma sicuramente è forte e coraggiosa!

Al lavoro e alla lotta, compagne e compagni.

Concentriamo le nostre forze -ora così impari rispetto a quelle avversarie- prepariamoci ad una battaglia difficile, intanto già per gli adempimenti necessari per la presentazione delle liste e poi, eventualmente, per la campagna elettorale vera e propria.

In ogni caso, avremo modo di ragionare con una grande massa di donne e uomini di tutte le età ed avere l’occasione di scuoterli dall’apatia, dalla demoralizzazione, dalla sfiducia e dallo smarrimento che percorrono il nostro popolo.

Forse non otterremo parlamentari (non è un fine per noi in questo momento benchè sia sempre un mezzo importante) magari non riusciremo neanche a presentarci ovunque ma continueremo, in questo modo, a gettare il nostro seme e a coltivarlo: non lasceremo che venga affossata la bandiera rossa con la falce e il martello ma, sia pure con le nostre esigue forze attuali, la terremo alta quanto ci riuscirà, per consegnarla con onore e coerenza alle generazioni future, per aiutare tutte e tutti a ritrovare la fiducia nella lotta e la speranza nel futuro.

4 Comments

  1. Tomassoni paolo

    Vorrei vederlo in faccia, chi scrive ste cazzate!!! È fori dalla realtà

  2. Marco Marconi

    Credo che il Partito dove riesca a presentarsi autonomamente con il suo simbolo sia l’obiettivo a cui ogni Federazione e ogni sezione deve ambire.
    Ove non sia possibile ritengo sia altrettanto importante lavorare in coalizioni sinceramente vicine alle nostre posizioni ed alla nostra linea politica. Non per “piazzare” uno dei nostri, ma per contare e far conoscere il nostro Partito con la nostra autonomia e la nostra soggettività comunista.

  3. Vannini Andrea

    Cari compagni, “il cretinismo parlamentare” si manifesta anche come cretinismo elettorale (specialmente quando non si hanno parlamentari). Non si tratta di non presentarsi alle elezioni ma di capire che é l’ ultimo dei problemi per i comunisti oggi. Il primo viceversa é non essere nelle piazze e nelle strade, nei luoghi di lavoro e di studio. É una assai magra soddisfazione trovare la falce e il martello solo sulle schede elettorali. Vogliamo alimentare l’ illusione che votare conti? Non contava quando le leggi elettorali erano quasi proporzionali. Conterebbe oggi con le leggi elettorali anticostituzionali? Non si tratta di cambiare lo stato, si tratta di abbattere lo stato. É piu’ utopia la prima della seconda. E sulle possibili alleanze “politiche” (non elettorali): C’è da ridere e da piangere. …unione popolare, unità popolare… se non si parte dalla contraddizione principale, su cosa si costruiscono le convergenze possibili? Oggi essa é unipolarismo-multipolarismo. La guerra usa-russia in ucraina ne é una drammatica esemplificazione. Per i comunisti é una discriminante. Chi si schiera con i fascisti ucraini é il nemico (sia dandogli le armi o sostegno politico). Domandina finale: come si fa a fare unità popolare con p.e. pml?

  4. Vincenzo

    Pensare di presentarsi da soli e’ pura follia. Lasciate questo privilegio ai saggi di PC e pcl.
    Il pci si faccia da anello di collegamento e facilitatore politico tra unità popolare e unione popolare. Due entità in sé assurde.

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