Dipartimento Lavoro PCI
Sono passati 42 anni dalla strage della stazione di Bologna e questo agosto del 2022 inizia con le notizie di tre lavoratori morti per infortunio nei luoghi di lavoro. Un lavoratore è caduto nella tromba dell’ascensore. È successo a Gallio, nell’altopiano di Asiago in provincia di Vicenza. Altri due lavoratori sono deceduti in Piemonte, a Torino e Alessandria. Una strage infinita che continua ogni giorno. Una strage che sembra interessare poco o niente a chi governa e a chi siede in Parlamento.
Bisogna tenere presente che dall’inizio di quest’anno al 1 agosto compreso, come riporta l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro di Carlo Soricelli che considerare tutti i lavoratori deceduti e non solo gli assicurati INAIL, “sono morti 915 lavoratori, 479 di questi sui luoghi di lavoro i rimanenti in itinere e sulle strade.”
Nel solo mese di luglio i morti per infortunio nei luoghi di lavoro risultano essere 86. Quasi tre ogni giorno, domeniche comprese.
Stiamo assistendo a un crescendo spaventoso. E a un silenzio soffocante. Non si può far finta di niente e non notare che, nella bagarre preelettorale non si trova nessun accenno a questa carneficina. C’è di tutto ma questo no.
Si discute su alchimie elettorali, si prospettano alleanze poco credibili e spesso impresentabili che servono unicamente a raggiungere qualche posto, si litiga sulle candidature, sul “capo politico”. Lo fanno tutti o quasi. Nascono liste elettorali nuove, simboli mai visti che, normalmente, portano diciture nelle quali compaiono “Italia”, “popolo”, “popolare”, simboli che contengono il tricolore, l’arcobaleno, qualche animale più o meno stilizzato … il nome del “capo”, così, emblema di organizzazioni politiche o cartelli elettorali personalistici. Una proposta politica, sembra, che, se manca il “capo” non esiste. Si tirano per la giacchetta compagini diverse e spesso in contraddizione per costruire improbabili “terzi poli” che, abitualmente, scompariranno finite le elezioni (per ripresentarsi, magari, alle prossime elezioni sotto altro nome).
E poi, le solite promesse fatte e rifatte a ogni tornata elettorale nella speranza che, nel frattempo siano dimenticati e possano sembrare nuovi. Tutto e di più per raggiungere qualche poltrona o accontentarsi magari di uno sgabello. Un posticino in qualche ufficio, fondazione, azienda partecipata.
È evidente come il vero fine sia “il posto” e non il cambiamento. Tutti invocano il cambiamento ma l’assenza di un progetto, che viene sostituito da slogan e vuota propaganda, ci indica che, per la stragrande maggioranza di “lorsignori” le cose devono restare immutabili.
E, invece, ci sarebbe bisogno di progetti contrapposti che chiariscano cosa si vuole realmente. Sarebbe utile conoscere se tra tutte le proposte elettorali qualcuna va in direzione contraria a quella che ci ha fatto arrivare alla situazione attuale. Se c’è la volontà, per esempio, di costruire una radicale opposizione al “realismo capitalista”. Qualcosa che prospetti un futuro diverso che permetta di attirare consensi non su slogan o promesse di facciata.
Certo, per realizzare questo ci vuole tempo. E il tempo, quando ci sono le elezioni alle porte sembra mancare. Tutto viene sospeso. E, siccome, le elezioni sono ogni anno, qualsiasi tentativo serio di riportare la Politica al suo scopo che non è certo quello della bagarre elettorale, viene ostacolato e resta incompiuto.
Bisogna convincersi che sono necessarie basi solide per costruire progetti e alleanze durature. Bisogna avere coscienza che se si persiste nella rincorsa di architetture elettoralistiche o alla ricerca di ipotetiche scorciatoie che permetteranno di raggiungere l’agognato seggio, poi resterà comunque il “che fare” e ci sarà l’inseguimento dei problemi contingenti piuttosto che la soluzione di questioni prioritarie come quella del lavoro. Alla precarietà, al tempo giornaliero e complessivo di lavoro, alle retribuzioni e alle pensioni insufficienti per vivere decorosamente, alla tutela della salute e della sicurezza del e nel lavoro, bisogna dare soluzioni strutturali e non palliativi inconsistenti e volatili.
Stiamo attenti a quello che succederà, a cosa si dirà in questa campagna elettorale e cominciamo a dire la nostra tentando di abbattere i castelli di carte e il fumo che si ergeranno per confondere gli elettori.
I comunisti devono essere creativi e realisti, devono avere proposte serie e dirompenti, devono costruire un progetto di trasformazione del modello di sviluppo attuate e, soprattutto, devono mantenere la schiena diritta, senza nascondersi né utilizzare travestimenti.