Giorgio Langella – Responsabile Dipartimento Lavoro PCI
Il 4 novembre è il giorno delle forze armate, il giorno della “vittoria” del 1918. Ci si è lasciati andare alla retorica più sfrenata. Un’esaltazione della guerra … sotto sotto lo sguardo era rivolto all’Ucraina, al “nemico”. Mattarella scrive “Celebriamo oggi il Giorno dell’Unità Nazionale e, in questa giornata, rendiamo onore alle Forze Armate che, con la loro dedizione e il loro contributo, hanno consentito all’Italia di divenire uno Stato unito, libero e democratico”. E poi i “nuovi” governanti, Meloni, la Russa, Fontana … Crosetto che dice ai cronisti, parlando del 4 novembre, “questa Repubblica nasce sulla morte di centinaia di migliaia di uomini che hanno costruito il nostro Paese, ce ne dimentichiamo per 364 giorni l’anno e ce ne ricordiamo un giorno solo. Ci dobbiamo ricordare quale sia stato il sacrificio per raggiungere la libertà e la democrazia”.
Mettiamoci d’accordo … a cosa si riferisce Crosetto? Agli oltre 600.000 militari mandati al massacro nella guerra 15-18 da generali e da una monarchia non certo per la libertà e la democrazia? O Crosetto, forse, confonde il 4 novembre 1918 con il 25 aprile 1945 quando, allora sì, i Partigiani conquistarono la libertà e la democrazia (e la dignità) oggi sempre più messe in discussione da una casta di politicanti che, privi di memoria e chissà che altro, ogni giorno insultano e umiliano la Costituzione nata grazie al sacrificio delle donne e degli uomini che hanno combattuto il nazi-fascismo?
Mancanza di memoria e confusione, probabilmente non casuale che, insieme alla retorica militarista della “guerra vittoriosa” disegnano un futuro cupo nel quale la Pace (quella vera, fondata sulla solidarietà tra i popoli e non sul profitto derivante dalle guerre) viene sostituita dalla corsa al riarmo più sfrenato. Ci vogliono fare credere che solo con le armi e con la distruzione del nemico si possa raggiungere la pace … niente di più falso.
4 novembre 2022 … Scrive Carlo Soricelli sull’Osservatorio nazionale di Bologna morti sul lavoro: “dall’inizio dell’anno al 4 novembre Sono morti complessivamente 1306 lavoratori, 670 di questi sui luoghi di lavoro gli altri sulle strade e in itinere In questi “numeri” ci sono anche i morti sul lavoro non assicurati all’INAIL”
Su questo, qualcuno di “lorsignori” ha detto qualcosa? Ha almeno sussurrato che questa carneficina è una guerra, di classe, che abbiamo in casa? Che non ci può essere pace né vittoria fino a quando non si cancellerà l’obbrobrio dello sfruttamento e della mancanza di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?
Niente, nessun fatto e neppure una parola, anzi, spesso una sorta di minimizzazione del massacro (spesso ridotto a “fenomeno” o “emergenza” … un’emergenza che dura da decenni se pensiamo che negli ultimi 15 anni sono morte sul lavoro oltre 20.000 persone).
Che dire? Poco, solo che nel declino sociale, politico e culturale nel quale versa il nostro paese è sempre più chiaro che chi governa fa gli interessi (e gli affari) di una parte minoritaria di privilegiati, indifferente alle pessime condizioni che deve subire chi vive del proprio lavoro, alla crescente povertà che costringe milioni di famiglie alla rassegnazione che comporta una mancanza di libertà sostanziale. Una diseguaglianza insostenibile, intollerabile e indegna per un paese che si definisce “civile” e “democratico”.
Una società che fa credere che gridare (produrre e vendere) “armi, armi, armi” sia la soluzione per garantire la Pace e che lo sfruttamento di chi lavora sia inevitabile o, persino, “giusto” dal momento che il profitto di pochi è l’obiettivo prioritario del sistema, è una società spaventosa che può e deve essere trasformata dalle radici.