I “signori” e i “sudditi”

Dipartimento Nazionale Lavoro – PCI

L’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro curato da Carlo Soricelli riporta un grafico esplicativo della situazione della (mancanza di) sicurezza nei luoghi di lavoro.

Il periodo considerato è di 15 anni e dimostra un impressionante andamento dei decessi. Se consideriamo soltanto i morti per infortunio nei luoghi di lavoro (escludendo, quindi, quelli in itinere) la media annuale è di oltre 632 persone che hanno perso la vita mentre lavoravano, oltre 53 ogni mese.

Considerando anche i decessi in itinere, la media di morti sui luoghi di lavoro è di oltre 1300, oltre 108 ogni mese, oltre 3,5 ogni giorno … festività comprese.

Parliamo di una statistica raccapricciante che evidenzia una cosa molto semplice: in 15 anni non è stato fatto nulla per contenere (almeno) questo disastro. Un massacro che si ripete anno dopo anno, giorno dopo giorno, in un crescendo spaventoso (il 2022 è stato l’anno peggiore con 757 morti nei luoghi di lavoro e 1499 con i decessi in itinere) che passa sotto silenzio o che è meglio non conoscere.

I dati diffusi da Carlo Soricelli sono maggiori rispetto a quelli ufficiali di INAIL. La ragione è semplice: l’Osservatorio conduce un lavoro certosino di lettura delle notizie e conteggia tutti i morti, INAIL tiene conto solo delle denunce che riguardano i propri assicurati. Numeri reali, certo, ma che non tengono conto delle categorie non assicurate INAIL e di chi lavora in nero. Eppure anche queste persone muoiono ma, evidentemente, “spariscono”.

Muoiono senza distinzione di età, di sesso, di retribuzione, di “colore della pelle” … muoiono nei cantieri, nelle campagne, nelle fabbriche, negli uffici, durante quella orribile “alternanza scuola-lavoro” che non insegna nulla che non siano logiche di sfruttamento.

A queste morti si devono aggiungere le persone che restano gravemente invalide, chi contrae malattie professionali, chi muore, magari dopo anni, di tali infortuni e malattie. Un numero di persone che, troppo spesso, viene “dimenticato” e che è difficile da calcolare.

Ma di fronte a questa situazione può bastare un aumento degli ispettori del lavoro? Può bastare una formazione spesso solo sulla carta? Sono azioni certamente necessarie ma assolutamente non sufficienti. Non si dovrebbe, allora, cambiare prospettiva? Non sarebbe, forse, giusto pensare che la tecnologia possa portare a sgravare la fatica, a essere meglio retribuiti, a lavorare in maniera sicura e migliore? E non si dovrebbe costruire una cultura del lavoro che consideri chi lavora e non chi ricava profitto dal lavoro altrui?

Rispondere a queste domande porterebbe necessariamente a contestare il modello di sviluppo attuale basato sostanzialmente sul profitto di chi comanda e sullo sfruttamento di chi lavora. Forse è proprio per questo che tali domande non vengono neppure poste. Meglio ignorare, non sapere, non conoscere, non capire … convincere e convincersi che il sistema capitalista sia l’unico possibile. E che sia normale che esistano i “signori” e i “sudditi”.

In questa mentalità siamo tutti coinvolti e dovremmo ribellarci iniziando, magari, a pretendere di considerare i decessi sul lavoro non “morti bianche” ma “omicidi sul lavoro” quali, in larga parte, sono. Basterebbe poco, una legge che istituisse questo reato e la volontà di chi occupa le istituzioni di lasciare da parte le frasi di circostanza di fronte a qualche tragedia sul lavoro più grave di altre e di agire.


Su queste basi è nato, in gennaio, il “Comitato Permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro” che sta muovendo i primi passi e che chiede adesioni a chi crede ancora che civiltà voglia dire schierarsi dalla parte di chi vive del proprio lavoro.

Per aderire clicca qui: salutesicurezzalavoro.wordpress.com/about/

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