SANITÀ IN TOSCANA SEMPRE MENO DIRITTO E SEMPRE PIÙ MERCATO.

di Luciano Fedeli, Responsabile Regionale Sanità del PCI Toscana

Prima della pandemia, durante la pandemia, dopo la pandemia il trend è sempre quello: meno offerta pubblica e laddove presente si presenta è poco buona e aumento delle prestazioni private, convenzionate, intramoenia ma tutto rigorosamente fuori dal sistema pubblico.

Ormai si susseguono incessantemente notizie relative allo stato dei servizi ospedalieri e territoriali della Toscana con dati sempre più allarmanti che fanno notizia e azioni sempre più concrete che non danno risposte se non per incentivare e favorire lo smantellamento del servizio pubblico.

La situazione di precarietà dei medici nei pronto soccorso e nei reparti ospedalieri era già nota prima della pandemia, si è aggravata con la pandemia e oggi siamo alla disperazione.

300 medici del pronto soccorso hanno minacciato le dimissioni, altri specialisti come radiologi, anestesisti, chirurghi abbandonano il sistema pubblico e cercano alternative lavorative nel privato.

Questo per i turni massacranti, le incertezze anche sulla sicurezza delle prestazioni offerte, contratti che riguardano i neo assunti che spesso non danno garanzie di stabilizzazione e spesso presentate in forma atipica come partite IVA, collaborazioni, gettonati ecc…

L’alternativa per loro è il privato e lo è anche per i cittadini che spesso si trovano di fronte a muti di gomma per le procedure burocratiche, per le destinazioni presso le quali devono recarsi per ricevere la prestazione e per i tempi di attesa in molte occasioni lunghissimi.

L’unica certezza è recarsi in cliniche convenzionate, quando va bene, oppure in intramoenia la situazione più economica o direttamente dal privato ma sono tutte alternative che vogliono vedere il cittadino in faccia e, come requisito principale, se hai capacità di spendere ti curi, altrimenti rinunci o attendi i tempi geologici per poter avere soddisfazione.

Se questa è la situazione degli ospedali sui territori non c’è da stare allegri. Mancano pediatri, medici di famiglia, viene scardinata la continuità assistenziale una delle poche certezze nei territori disagiati e tutta un’altra serie di servizi che dovevano sostituire o alleggerire gli ospedali ma che nella realtà non esistono.

Case della Salute? Poche e spesso non funzionanti. Cure Intermedie? Promesse ma attivate in poche parti. Assistenza domiciliare? Sempre meno.

Questo non è il fallimento della politica regionale ma è il progetto della politica regionale verso il quale stiamo andando.

Si sbandierano assunzioni di medici e infermieri che non compensano in molte realtà le fughe o pensionamenti che ci sono stati e se tutto il sistema ancora regge ed è in grado di dare risposte è per la volontà di tutti i sanitari che arrampicandosi sugli specchi, rispetta il giuramento di Ippocrate, il proprio lavoro e il cittadino.

Il cittadino non è al centro del diritto alla salute ma al centro degli interessi del mercato perché sempre più la salute è mercato e sempre meno diritto.

Come PCI riteniamo che si debba profondamente rivedere il sistema, rilanciando la sanità pubblica, ponendola tra le priorità non per fare mercato ma per produrre salute e benessere.

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