PRIMO MAGGIO oggi si parlerà di lavoro… ma domani?

Dipartimento Lavoro PCI

1 maggio 2023  – Oggi si parlerà di lavoro.

Si affermerà la necessità di finanziare le imprese private perché “sono loro a garantire il lavoro”. Si grideranno gli evviva alle privatizzazioni.  Che “siamo tutti nella stessa barca”. Si chiederà ai lavoratori di capire che i padroni (in carne ed ossa o le multinazionali) sono i benefattori e si concederanno alcune elemosine. E si tesseranno le lodi alla concertazione, anche se si dirà che non basta e che i sindacati devono capire lo sforzo del governo. Oggi si parlerà di lavoro dagli schermi televisivi e dagli altri mezzi di informazione. Lavoro visto come “creatore di ricchezza” … per pochi.

Di lavoratrici e di lavoratori ai quali sono stati cancellati i diritti, che hanno salari troppo bassi per vivere, che devono sopportare condizioni di lavoro disumane, ricatti occupazionali, mancanza di salute e di sicurezza … di loro si parlerà poco. Sì, ci saranno le manifestazioni, i cortei, il concertone … i discorsi, e qualcosa, certamente, si dirà.

MA DOMANI?

Si tornerà nei luoghi di lavoro senza sicurezze, privi di garanzie e di  diritti, in piena precarietà. Si lavorerà (chi la un posto di lavoro) per pochi euro all’ora, privi di un futuro, non diciamo radioso, meno oscuro di quello al quale siamo costretti a vivere da troppo tempo.

E qualcuno leggerà che da inizio anno ci sono stati 245 morti per infortunio nei luoghi di lavoro (fonte Osservatorio Nazionale morti sul lavoro), che ci sono contratti di lavoro che prevedono retribuzioni orarie talmente basse  da essere dichiarate contrarie ai principi costituzionali, che milioni di lavoratori e soprattutto lavoratrici non riescono a condurre una vita dignitosa, che la povertà è in aumento mentre pochi privilegiati accumulano ricchezze spaventose, che il lavoro nero è ormai forma normale di lavoro, che torneranno i voucher, che il codice degli appalti e i subappalti a cascata fanno a pezzi garanzie di trasparenza e di sicurezza. Che è necessario lavorare di più, peggio e senza diritti per “uscire dalla crisi” (ovvero per garantire a “lorsignori” di diventare sempre più ricchi).

Il futuro che abbiamo davanti è spaventoso. E, rendiamocene conto, siamo rassegnati, divisi, deboli.

CHE FARE?

Riprendiamo le piazze e non solo oggi ma “da oggi”. Torniamo al conflitto e non solo in pochi ma di massa. Facciamolo uniti, lasciando da parte le beghe personali o le disquisizioni filosofiche. Ricostruiamo la solidarietà tra chi lavora, la coscienza di classe. Almeno proviamoci.

Lavorare meglio, meno, in sicurezza e giustamente retribuiti non è un’utopia, tanto meno uno slogan e basta.

È un obiettivo concreto che si può raggiungere con la consapevolezza e la lotta.
Nel ricordarci la frase che disse un operaio di Marghera dopo la rappresentazione della commedia di Dario Fo “L’ operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone”. Durante il consueto dibattito finale disse: “Ma se il padrone sa 1000 parole, 1000 operai ne conoscono molte di più e possono vincere”. In questa breve frase c’è tutto: l’unità, la coscienza di classe, il conflitto capitale-lavoro, la lotta. Era il 1970 o il ’71, una vita fa, ma la lezione è ancora attuale. 

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