Europee 2024: insistiamo, ciò che serve per cambiare è un fronte unito!

La campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo è già cominciata, la posta in gioco è rilevante.

L’Unione Europea è in grande difficoltà, le politiche da essa adottate  in ossequio al dogma dell’austerità, alla cultura liberista imperante, hanno prodotto una situazione economica che la vede da tempo oscillare tra tassi di crescita insignificanti, stagnazione e recessione.

Una situazione che è andata  progressivamente peggiorando, anche e soprattutto a causa delle scelte assunte in ossequio alla rinsaldata alleanza euro atlantica a guida statunitense, ossia dell’aumento della spesa militare volta ad alimentare la guerra in Ucraina,  delle sanzioni decise nei confronti della Russia, della conseguente crisi energetica.

Una situazione che oggi, a fronte dell’ondata  inflazionistica in atto,  frutto della speculazione, e delle politiche monetarie adottate per affrontarla, è sempre più grave, ed investe i diversi paesi dell’Unione, scaricandone il prezzo sui ceti popolari, sul mondo del lavoro.

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, il liberismo economico, la crescente centralizzazione dei processi decisionali e la conseguente  restrizione degli spazi di intervento in capo ai governi, ai parlamenti, ai cittadini europei, il militarismo e l’interventismo nelle relazioni internazionali, hanno svelato l’inganno e mostrano il vero volto dell’Unione Europea.

Ciò che serve è un’Europa dei lavoratori e delle lavoratrici, dei popoli, che rifiuti concretamente la logica della guerra, dei blocchi contrapposti, e divenga propugnatrice di pace, di un mondo multipolare, un’Europa che volga al progresso, alla giustizia sociale.

La sinistra di alternativa, quella che si è ritrovata nello slogan “un’altra Europa è possibile”, e che in questi anni  si è battuta con determinazione contro le politiche dell’Unione Europea, è chiamata a fare i conti con la situazione determinatasi.

Come PCI sottolineiamo la necessità di operare per il rafforzamento del gruppo The Left al Parlamento Europeo, per riaffermarne il carattere e l’identità: uno spazio confederale di cooperazione tra forze anche diverse tra loro, ma accomunate da politiche progressiste, assai lontane  da quelle perseguite e prospettate dall’insieme delle forze che, in una logica bipartisan, portano la responsabilità delle scelte  dell’Unione Europea che hanno determinato il precipitare della condizione dei popoli che la compongono.

Occorre operare per garantire al Parlamento Europeo che verrà una rappresentanza, una voce, realmente alternativa.

E’ un obbiettivo, questo, al quale sono chiamate le diverse realtà della sinistra di classe, di alternativa presenti in Italia (che come noi  non hanno rappresentanza nel Parlamento Europeo) che si sono misurate e si  misurano con le politiche antipopolari portate avanti in questi anni dai diversi governi di centrodestra e di centrosinistra succedutisi alla guida del Paese all’insegna del pensiero unico liberista, e che oggi sono chiamate a costruire  un’opposizione, la più ampia possibile, al governo di destra presieduto da Giorgia Meloni, che muove in continuità con tali politiche e che non sta rispondendo alla grave crisi sociale determinatasi, anzi, la aggrava.

Un governo che ad un anno dal suo insediamento asseconda la deriva bellicista in atto, conferma  un approccio regressivo sul terreno dei diritti sociali e civili (tanti gli esempi possibili al riguardo), attua una politica nei confronti dei migranti che per tanta parte non rispetta i diritti umani, e che  prospetta un riassetto istituzionale che tra Autonomia Differenziata, presidenzialismo/premierato, mette in discussione l’assetto costituzionale,  differenzia le Regioni in ordine a materie decisive, promuove la “secessione dei ricchi”a scapito del Mezzogiorno, che continua a misurarsi con la irrisolta “questione meridionale”, e mina alle fondamenta l’unità statuale.

A fronte della prossima scadenza elettorale europea, delle diverse ipotesi che al riguardo si rincorrono “a sinistra”, come PCI ribadiamo che ciò di cui vi è bisogno è un  fronte unito, un progetto, una proposta, una lista nella quale tutte le diverse realtà interessate possano riconoscersi, anche visivamente.

Per queste ragioni, per questi obiettivi, siamo e  saremo in campo.

Il Comitato Centrale del PCI

2 Comments

  1. Broggio Sergio

    Sono nel profondo un social-comunista. Sono un internazionalista. Non capisco come fate a dire che gli ukraimi non hanno il diritto a difendersi dall’ aggressione di Putin. L’aggressione di Putin attraverso “l’operazione militare speciale”, vuole sottomettere il popolo ukraino. Mi pare non vada nella direzione.

    1. Mario Paola

      L’aggressione di Putin perpetrata si danni dell’Ucraina la possiamo ritenere una vera e propria risposta a quanto fatto dagli ucraini nel 2014 con il massacro nel donbass contro le popolazioni russofone. Putin ha certamente, in modo criminale, invaso uno stato (autoritario o meno) sovrano ma se vogliamo dare colpe, diamole anche alle politiche ucraine.
      Inoltre continuare ad inviare armi significa levare soldi per sanità e scuola. Il perseverare nell’invio di armamenti aumenta solo la strage dei civili inermi.
      Ti faccio notare che Putin ha reagito così da quando l’ucraina ha espresso il desiderio di entrare nella UE e nella Alleanza, cosiddetta, atlantica (NATO). Una reazione dovuta a decenni di emarginazione della Russia dai contesti europei ed internazionali. Infatti Putin dice sempre che la guerra è contro l’occidente. Chiediamoci cosa abbiamo fatto noi occidentali contro la Russia in passato! Non lo faremo mai perché sappiamo che abbiamo solo cercato di accontentare gli USA e supinamente accettato che la UE scomponesse il blocco euroasiatico in favore di una politica sempre più bellicista della nato nei confronti del blocco asiatico.
      La storia recente è piena di episodi che testimoniano quanto espresso sopra. Guardiamo la vicenda dei bombardamenti su Belgrado, avvallati dalla NATO e dalla UE. Pensiamo all’allargamento dei paesi nato verso la Polonia e il piazzamento delle basi difensive, guarda caso rivolte verso est.
      Infine la situazione russo-ucraina va risolta con una soluzione diplomatica che tenga conto dell’integrità territoriale ucraina e degli interessi economici e geopolitici russi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *