Frosinone, Stellantis: le proposte del PCI per scongiurare la crisi sociale
Comunicato del Comitato Regionale del Lazio del PCI
Lunedì scorso, su iniziativa del Comitato regionale Lazio, il Partito Comunista Italiano, segnatamente alla presenza delle Federazioni provinciali di Frosinone e Latina, hanno svolto un incontro per analizzare e quindi avanzare impegni e proposte sulla crisi dell’auto nei siti produttivi del Lazio e sui risvolti sociali per lavoratori e famiglie del sud regionale. Insieme a Oreste della Posta, segretario regionale e a quelli di Federazione Sonia Pecorilli e Bruno Barbona, un grande apporto è giunto dal compagno Donato Gatti, della Fiom delle province Frosinone/Latina, che ha dettagliatamente messo al corrente i partecipanti circa le drammaticità della situazione data e gli spiragli eventuali da utilizzare. “Certamente – commenta Oreste della Posta – stamattina, venire a conoscenza che la Regione Lazio, il Presidente Rocca, ha preso iniziativa per scrivere al Governo circa la drammaticità della situazione produttiva e indicando l’estensione della ZES ( Zona Economica Speciale) anche per Latina e Frosinone, ci conferma che le risultanze dell’incontro che abbiamo svolto hanno colto nel segno e che siamo da una parte sull’orlo del baratro, e dall’altro nella possibilità di evitarlo”. Infatti, proprio Donato Gatti, nella riunione aveva ben illustrato come il cuore della situazione che si è determinata è “nell’intreccio tra la crisi del comparto Automotive, con le particolarità delle nuove tecnologie e della transizione ecologica globale, con gli errori perseguite da Fiat prima (la finanziarizzazione delle attività a scapito di ricerca, investimenti e innovazione da mettere in campo), da FCA e Stellantis poi (col ruolo dei francesi, a cominciare dallo Stato francese che detiene parte della proprietà di Stellantis, volto a “sacrificare” le produzioni italiane per sostenere quelle in casa propria), unitamente alla assenza di politiche di comparto europee (che non siano o asservite al momento della globalizzazione tutta volta a “favorire” il ruolo atlantista, quando le soluzioni vere potrebbero al contrario giungere proprio dalla Cina, ad esempio) e con l’aggiunta della totale inadeguatezza dei governi italiani in questo senso fin qui, senza voce in capitolo.”. A queste tinte fosche, Gatti ha messo sul tavolo gli esempi numerici drammatici: “negli ultimi 4-5 anni ci sono stati 1.500 posti di lavoro in meno nella sola Fiat. Che non riguardano solo i 1.500 lavoratori e le loro famiglie, o l’area di interscambio sociale degli stessi dove vivono quotidianamente; ma, purtroppo, riguardano anche tanto indotto, quindi tanti altri lavoratori nella stessa quantità, 1500 circa, che vengono sottratti ai loro compiti “esterni” in forza del fatto che meno lavoratori e meno produzione, vuol dire anche meno indotto esterno. Dalla componentistica ai servizi. E che tutto ciò – ha denunciato Gatti in riunione – sia da un lato miope e dall’altro prova di un errato indirizzo intrapreso, sta nel fatto che vengono offerti incentivi per lasciare la fabbrica anche di 85.000 euro. Che fortunatamente i lavoratori ben accorti, sono attenti nel valutare perchè, appunto, non risolutivi per chi resta a vivere comunque nelle aree del sud Lazio.”. Il confronto che ne è seguito con gli interventi di Pecorilli proprio “sulla questione ZES e sull’impoverimento sociale che si prospetta, fa comprendere la drammaticità del momento e delle scelte e chiama i comunisti, non solo alla propria coerenza di sostegno ai lavoratori, così come abbiamo fatto negli incontri davanti alle fabbriche nei mesi scorsi a Cassino, ma anche all’intervento che necessita mettere in campo, untiariamente il più possibile per risolvere la questione ZES e per determinare una politica del comparto Automotive legato al PNRR negli aspetti europei e globale. Sicuramente dovremo impegnarci nel dialogo serrato verso i lavoratori e nella creazione di sinergie socio-politiche con istituzioni, partiti, sindacati, a sotegno delle soluzioni concrete.”. Dello stesso avviso Barbona che denuncia “fin qui il Governo è stato parolaio circa un intervento del PNRR come ipotesi di soluzione. Proprio perchè è la condizione stessa dell’assenza della ZES a compromettere la possibilità di concretezza. Del resto, se la ZES è stata pensata come “quasi sostituto” della ex Cassa del Mezzogiorno, come ricordava Gatti, con possibilità di intervento a favore dell’economia locale per investimenti col tetto a cento milioni di euro ognuno, ben si comprende che senza questa possibilità, le province di Frosinone e Latina sarebbero penalizzate perché quegli stessi eventuali investitori, andrebbero più a sud (significativa è la distanza di soli 80 chilometri tra Cassino e Pomigliano) lasciando nelle realtà pontine e ciociare il deserto produttivo.”. Infatti, hanno concordato, con ulteriori contributi conclusivi Donato Gatti e Oreste della Posta “è ormai evidente che il tema di meno ore da lavorare per salvare e redistribuire il lavoro a parità di salario è una delle chiavi di soluzione di questo comparto, come di tutti gli altri che ne sono di fatto a traino per l’economia territoriale, ma anche per la soluzione della attuazione del PNRR e per la risposta globale da perseguire. Per quanto alle azioni politiche che il PCI può contribuire a mettere in campo sono evidentemente da un lato una grande campagna di informazione e trasparenza su questi contenuti; dall’altra percorrere tutte le disponibilità istituzionali ed unitarie – immediate per l’ottenimento della ZES, e a lungo termine per dare una spina dorsale al Paese nella politica industriale di settore e in generale – che risolvano la latitanza politica e istituzionale che da solo il sindacato non può sopperire.”. “In buona sostanza – conclude Della Posta – poiché il nostro DNA è stare coi lavoratori, di fronte a tale drammatica situazione, sia per la fase transitoria che per il lungo termine il PCI è disponibile a sostenere chiunque, istituzioni e movimenti unitari, siano nettamente impegnati in questa direzione.”.