MALA TEMPORA CURRUNT

a cura di Bruno Steri – Direttore del Periodico REC – Ragioni e Conflitti

In questi dolenti giorni la stampa di regime non può fare a meno di proporci il giornaliero conteggio dei morti palestinesi nella Striscia di Gaza, con il corredo delle percentuali riguardanti le donne e i bambini. Una carneficina, di cui la criminale responsabilità sarà iscritta nella memoria storica e porterà il nome dell’attuale governo israeliano. Come abbiamo detto, una responsabilità che è del governo; non del popolo israeliano, di cui la metà, secondo i sondaggi pubblicati dal quotidiano Maariv, non voleva l’invasione di Gaza.

Abbiamo assistito, di questi tempi, alle pericolose involuzioni della cosiddetta “stampa libera”. Ci è rimasto impresso un titolo: “Ucraina e Israele avamposti della resistenza democratica”, vero e proprio emblema di smemoratezza storica. In quel titolo – al pari di tanti altri – viene infatti tagliato (censurato) quel che è avvenuto in Ucraina nel decennio che ha preceduto l’invasione russa del febbraio 2022, nonché i decenni che hanno caratterizzato la vita dei palestinesi prima della strage di Hamas del 7 ottobre scorso.

Incredibilmente, persino l’Organizzazione delle Nazioni Unite è entrata nel mirino dei “resistenti democratici”, segnale di un trend politico tutt’altro che tranquillizzante. Il Segretario generale dell’Onu Antònio Guterres è stato mediaticamente crocifisso e definito indegno del suo ruolo per aver semplicemente ricordato che “il 7 ottobre è figlio dell’apartheid di Gaza”. Il termine ‘contesto’ (con i suoi derivati ‘contestuale’, ‘contestualizzare’ ecc) è diventato letteralmente indicibile: guai a giudicare i fatti alla luce di un ragionamento complesso o di una qualche profondità storica, insomma alla luce di un ‘contesto’. Guterres ovviamente non si è mai sognato di negare l’orrore del 7 ottobre; ha solo ricordato che orrore chiama orrore, lungo una tragica sequenza che, per esser capita, va vista nel suo insieme. Ciò vale almeno per chi voglia ancora tentare di capire la serie delle cause e degli effetti e, possibilmente, porvi rimedio. 

Nei resoconti della cosiddetta “stampa libera” è implicito un altro pericolosissimo imbroglio: si tende a non fare distinzione tra antisemitismo e antisionismo, identificando così implicitamente ogni critica (antisionista) al governo israeliano con la riedizione del razzismo (antisemita) di stampo nazista. I comunisti, come gli ebrei, sono stati oggetto della barbarie nazista; e tuttavia criticano frontalmente l’attuale criminale politica israeliana. Il portavoce del Ministero degli Affari Esteri israeliano ha dichiarato che “Amnesty International ha pregiudiziali contro Israele” ed è “un’organizzazione antisemita”. Il dirigente israeliano fa questa critica perché la suddetta organizzazione umanitaria ha chiesto un immediato cessate il fuoco. Evidentemente ciò è in perfetto accordo con la dichiarazione del Ministro delle Finanze di Tel Aviv, secondo il quale “Gaza deve essere distrutta”. Ebbene, noi comunisti critichiamo duramente tali posizioni ed il sionismo etno-coloniale in esse espresso.  

Comunque, ogni tanto la lezione arriva da chi meno te l’aspetti. In una delle tante discussioni propinateci dalla nostra tv nazionale, un paio di giornalisti tra i tanti sensibili alla voce del padrone avevano condotto in porto la loro requisitoria contro la filo-terrorista di turno – nella fattispecie, la malcapitata consulente tecnica dell’Onu Francesca Albanese – che era incorsa come il suo Segretario generale nel reato di “contestualizzazione” del 7 ottobre. Nel merito, i nostri giornalisti avevano anche denunciato l’odio che in mezza Europa sta montando contro gli ebrei. Denuncia sacrosanta, nel quadro di un peggioramento complessivo della situazione internazionale: denuncia però fatta senza che fossero minimamente menzionate, come parte significativa di tale quadro, le migliaia di vittime palestinesi. Quando sembrava che la trasmissione volgesse al termine, il conduttore mandava in visione il video di un’intervista all’ex Presidente di Israele Ehud Barak il quale, pur confermando che non c’è alternativa alla sconfitta di Hamas, si cimentava in un lungo e articolato attacco a Benjamin Netanyahu, accusandolo di essere il primo responsabile dell’attuale crisi israelo-palestinese, avendo sin dal suo insediamento guardato con subdola sufficienza ad Hamas (evidentemente in funzione anti-Autorità Palestinese), foraggiandolo tra l’altro con miliardi di dollari. Indimenticabili le facce imbarazzate presenti nello studio televisivo: come si vede, sarebbe bene che i servi non esagerassero con il loro servilismo.

In una situazione che purtroppo sta correndo rapidamente all’indietro, il Pci comunque non cessa di dire che l’unica strada percorribile (certo, oggi ostruita da morti e macerie) resta quella dei “due popoli due Stati”. Non ce n’è un’altra.

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