DIMENSIONAMENTO SCOLASTICO: ALTRO CAPITOLO CONTRO LA SCUOLA

Nel 2012 la Corte Costituzionale dette ragione a quelle Regioni (Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata) che avevano presentato ricorso contro il dimensionamento scolastico voluto dall’allora governo Berlusconi. Un dimensionamento che faceva preciso riferimento alla chiusura di Istituti Scolastici.

Oggi la stessa Corte ha bocciato un ricorso identico presentato da Toscana, Emilia Romagna e Puglia contro quella che appare come una sua riproposizione da parte del governo Meloni sotto forma di un Decreto Interministeriale che introduce tagli al contingente organico dei Dirigenti scolastici (DS) e dei Direttoriservizi generali amministrativi (DSGA). L’ufficio stampa e comunicazione della Corte ha sottolineato che, pur trovandoci di fronte ad “una interferenza” da parte dello Stato su ciò che è di competenza delle Regioni in materia scolastica, la definizione degli organici dei DS di dei DSGA spetta allo Stato. Un cavillo.

La normativa statale non richiede direttamente alle Regioni la chiusura di plessi scolastici quale conseguenza delle contrazione dell’organico delle dirigenze, ma nei fatti la determina. Va ricordato che a seguito della legge sull’Autonomia Scolastica (n 59 del 15.3.1997) la figura del Preside/o del Direttore didattico veniva sostituita da quella del Dirigente Scolastico. Una legge, va detto, da noi contestata in quanto letta come una disarticolazione della funzione unificante su tutto il territorio nazionale della scuola quale servizio sociale, tuttavia l’introduzione di questa nuova figura permetteva quanto meno potenzialmente alla Scuola di essere intesa come una struttura a disposizione dell’utenza, capace di dialogare con le famiglie e le istituzioni e realizzare così un servizio educativo a misura degli alunni/e e dei loro bisogni.

Il Dirigente nel suo ruolo doveva avere la capacità quindi di promuovere la scuola come Centro Culturale e Polivalente del territorio. Vari decreti legislativi, come il n.107/2015, lo hanno ribadito. La funzione dirigenziale avrebbe dovuto essere esplicata non solo all’interno del contesto scolastico, ma anche all’esterno, con tutti i soggetti che sono a vario titolo coinvolti nell’attività educativa, dalle famiglie, alle istituzioni locali, alle altre agenzie formative che agiscono e interagiscono con il territorio.

Ora, di fatto, con la contrazione delle figure dirigenziali ci troveremo davanti alla soppressione inevitabile di Istituti Scolastici e, quello che più conta, alla perdita per vari plessi della loro identità culturale e sociale legata in modo specifico al territorio. Con Dirigenti che in diverse realtà, dovranno agire in un territorio vasto, all’interno del quale troveranno plessi con organizzazione di Piani triennali di offerta formativa (PTOF) diversificata, con la necessità di impostare nuove relazioni con ulteriori Amministrazioni locali e/o agenzie educative, con Collegi Docenti ingestibili o quasi, con rapporti con le famiglie inesistenti, con numeri di alunni oltre le 1000 unità.

Pensiamo agli Istituti Comprensivi, che hanno rappresentato una novità pedagogica-educativa più che positiva, che in certe realtà verranno sicuramente smembrati, con vari plessi che andranno sotto altre dirigenze dal momento che gli alunni dovranno comunque essere più di 900. Un’esperienza quella degli Istituti Comprensivi che ha permesso e permette ai piccoli comuni la propria identità storica e sociale. Tutto ciò per una decisione legata ad una Legge di bilancio imposta dall’Unione Europea e dal PRNN. Un provvedimento di natura economica totalmente interno alle dinamiche neoliberiste imperanti, che cerca di nascondere la logica di mercato in cui è sempre più invischiata la Scuola con scelte impregnate di valori falsamente pedagogici.

Annamaria Zisa

Dipartimento istruzione-scuola PCI

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