Perché la maggioranza giallonera è contro donne e minori?

di Maria Carla Baroni, Direzione nazionale PCI

 

Il governo e la maggioranza del cambiamento – in peggio – continua a cercare di punire le donne e i minori: prima il disegno di legge Pillon, che sotto il nome truffaldino di affido condiviso abolirebbe l’assegno di mantenimento, aumenterebbe disuguaglianze di genere e precarietà di vita per i e le minori, soprattutto tra i ceti in difficoltà economiche sempre in aumento; ora la cancellazione di un emendamento alla legge di Bilancio di Mara Carfagna,  che innalzava a dieci milioni il fondo (già esistente ma molto esiguo) per gli orfani dei femminicidi, che si trovano all’improvviso privati sia della madre, sia del padre assassino, suicida o in galera.  E ancora: un emendamento della Lega permetterà alle donne in attesa di lavorare fino al nono mese per poi usufruire dei cinque mesi di congedo obbligatorio tutti insieme dopo il parto. Quella che potrebbe sembrare una opportunità si trasformerebbe, per la maggior parte delle donne,  e soprattutto per le lavoratrici precarie, in una costrizione di fatto, messa in atto da un padronato ostile alla maternità per arretratezza civile e culturale.

C’è poi la violentissima campagna contro l’aborto e contro la legge 194/1978, ma anche contro l’educazione sessuale nelle scuole e contro i consultori, che vengono svuotati e spesso addirittura chiusi.

In sostanza, in Italia, le donne – di fatto – non sono libere di scegliere né di non essere madri, né di esserlo quando lo vorrebbero.

Nel Paese che, insieme al Giappone, è il più vecchio del mondo, non si vuole capire che per aumentare le nascite occorrono lavoro garantito come qualità e durata, servizi educativi pubblici diffusi dappertutto e a bassissimo costo (non i soliti bonus che non risolvono le carenze strutturali!), orario di lavoro più corto per tutte e tutti a parità di retribuzione e un lavoro di cura equamente suddiviso tra donne e uomini: perché?

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