Dipartimento Lavoro PCI
Ogni giorno alcune persone vanno a lavorare e non tornano a casa. Una dura realtà, una strage continua che viene abitualmente sottovalutata e ignorata, volutamente o meno non importa, da chi dovrebbe occuparsene.
Questa sorta di trascuratezza istituzionale, mediatica e sociale è un dato di fatto ben verificabile dal momento che le malattie, gli infortuni e le morti sul lavoro sono in continuo aumento, anno dopo anno. E non importa, vogliamo ribadirlo, se INAIL pubblica statistiche che indicano il contrario. Questo è qualcosa di normale, visto che quei numeri tengono conto solo degli assicurati INAIL. Sarebbe logico evidenziare sempre questo dato di fatto e tenere conto anche di chi muore lavorando senza la tutela da assicurazione INAIL. Lavoratrici e lavoratori che sono in nero, agricoltori, possessori di partita iva (spesso costretti ad esserlo), vigili del fuoco, precari, militari … Circa 4 milioni di persone che possono morire anch’essi e che, magari, rischiano di più perché non tutelati a sufficienza. Decessi che non vengono considerati, che non appaiono nelle statistiche ufficiali perché “sono altro”.
Così, se il “fenomeno” della mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro è relegato ai margini dell’interesse delle “classi” che dirigono il paese che restano sostanzialmente indifferenti, quello che riguarda i “meno garantiti” è assolutamente ignorato.
Si considerano i numeri ufficiali (quelli dell’INAIL) e, quando vengono pubblicati, si fa qualche commento e tutto resta inalterato.
Ci sono cose ben più importanti da seguire, evidentemente. Aumentare le spese militari, per esempio, alimentare le guerre e lasciare in secondo (terzo, quarto …) piano i negoziati, privatizzare tutto il possibile a partire dalla sanità per arrivare all’istruzione, aumentare l’età pensionabile, ridurre i salari, aumentare l’orario di lavoro e la fatica (la chiamano “produttività” ma è sostanzialmente questo), cancellare i pochi diritti e le garanzie superstiti dopo il furore liberista degli ultimi decenni.
Così il reale impatto della mancanza di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro viene, in qualche misura, “addolcito” e resta di competenza di chi non ritiene di essere assolto con qualche frase di circostanza. Di chi “se ne lava le mani” e si gira dall’altra parte. Pochi vanno oltre le condoglianze e tentano di far emergere quello che non si deve sapere nella sua interezza.
Carlo Soricelli con il suo Osservatorio Nazionale morti sul lavoro è in prima linea da oltre 15 anni in questa battaglia di civiltà. Ostacolato da più parti continua a informare e gridare la propria indignazione e il dolore che ognuno di noi dovrebbe provare. Scrive ogni giorno di chi non torna a casa dal lavoro.
Oggi, per esempio, sul sito dell’Osservatorio possiamo leggere: “9 MARZO DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO 181 LAVORATORI LAVOROTORI COMPLESSIVI di questi, di questi 113 sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere”. Quella di Soricelli è una vera missione laica, una lotta contro l’indifferenza che, sappiamo bene, non dà onori ma tanti oneri tra i quali non minore è un senso di disagio, di impotenza e profonda tristezza. Ma è qualcosa che deve continuare e crescere.
Anche per questo è nato il “Comitato Permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro”, promosso da 25 “primi firmatari” sta raccogliendo centinaia di adesioni in tutta Italia.