La legge sulla rappresentanza una necessità di “classe”

di Salvatore Favenza Dipartimento Lavoro Caserta

«Ridiamo voce alle lavoratrici, lavoratori e precari» è stato il ritornello ricorrente in molti degli interventi nella partecipata assemblea di lancio del Comitato a sostegno di una legge sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro, tenutasi ieri 31 Marzo nel Salone dello SPI-Cgil di Caserta.

Nell’introduzione, Mimmo Pascarella (dello SPI-Cgil Caserta) ha rimarcato il forte nesso che l’assenza di una vera rappresentanza dei lavoratori ha avuto con la progressiva erosione dei diritti, con l’esplosione di centinaia di contratti «pirata» (siglati da sindacati “di comodo” a condizioni di ipersfruttamento), con la reintroduzione di fatto delle gabbie salariali, con i rapporti di forza gravemente a svantaggio dei lavoratori che oggi rendono il lavoro sempre più scarso, sempre più precario, sempre più sotto ricatto.

La contrattazione collettiva o anche il lavoro nel pubblico non sono più garanzia di diritti.

Negli interventi di Ciro Rossi (Presidente Federconsumatori Caserta) e di Roberto Di Martino (medico psichiatra Asl Caserta) è stato posto in evidenza come l’introduzione di logiche di mercato in ogni settore, compreso il pubblico, abbia contribuito non solo – com’è del resto evidente a tutti – a distruggere il welfare, ma abbia anche realizzato un totale sovvertimento delle finalità lavorative. Un medico o un insegnante deve assumere una visione manageriale del suo lavoro, per cui lo scopo non è curare o insegnare, ma rendere la propria azienda sanitaria profittevole, oppure massimizzare il numero di iscritti. Sempre più la Pubblica Amministrazione incoraggia il lavoro precario e quello gratuito. La chiamano efficienza, ma è sotto gli occhi di tutti come l’introduzione di una gestione privatistica del patrimonio pubblico abbia aumentato e non diminuito i costi e abbia piuttosto ridotto i diritti per i ceti popolari.

Il collegamento tra impoverimento e perdita di potere è testimoniato dal fatto che la condizione di perenne ricatto cui sono sottoposti i lavoratori e le lavoratrici del nostro paese ha tolto loro la possibilità di denunciare condizioni di insicurezza, infortuni, ipersfruttamento. Si tratta di un aspetto a più riprese richiamato dagli interventi di Enzo Bellopede (Seg. Gen Filcams), di Lino Canta (Operaio TFA ex-Firema) e di Gennaro Iovino (Docente di corsi di formazione Marittimi). All’interno e all’esterno dei luoghi di lavoro non si può parlare per loro di nessuna democrazia, come dimostra del resto il dato della sfiducia nei confronti delle istituzioni rappresentative, che corrisponde alla condizione di disperazione e scetticismo da parte dei lavoratori.

Anche il sindacato, in questo senso, si trova indebolito: le manifestazioni di piazza raramente riescono a coinvolgere grandi masse di lavoratori. La lotta per la legge sulla rappresentanza deve allora fare i conti, in un contesto in cui la contrattazione collettiva risulta marginalizzata dall’esplosione dei contratti “pirata”, con l’attuale organizzazione della produzione e la mutata composizione di classe, come emerso dagli interventi di Enrico Milani (Avvocato lavorista) e di Luca De Rosa (lavoratore Sadas). Il comitato potrà invertire la rotta se riuscirà ad ampliare le adesioni e la sua capacità di incidere, come richiamato dall’intervento di Antonio Crispi, (Presidente Auser Casagiove) anche sul piano istituzionale, per raggiungere il suo obiettivo. Non è infatti possibile, proprio per la perdita di potere politico da parte dei lavoratori di cui siamo testimoni, credere che la sola rituale raccolta delle firme o la delega a qualche partito (oggi chi non si dice favorevole a una legge sulla rappresentanza?) possa permettere il raggiungimento degli obiettivi che il comitato si propone: può permetterlo solo la costruzione di una forte mobilitazione di popolo.

Questa prima assemblea vuole essere un punto di partenza e aprire all’adesione più ampia di chi lotta per ridare voce ai lavoratori, alle lavoratrici e ai precari del nostro paese.

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